Le baruffe chiozzotte. Intervistato da Radio Sportiva, a precisa domanda Filippo Fusco dice la sua: «Gli anni passano per tutti. Pazzini non è più un giocatore decisivo in serie A, ma può ancora esserlo in serie B». Lesa maestà? Forse...fatto sta che all’improvviso nell’etere la pressione si carica di permalosi millibar, e nel cielo si scatenano tuoni e fulmini: il Pazzo non la prende bene e da leone d’area di rigore quale era, ma poco in tempi recenti è stato, spalanca le fauci e ruggisce dalla tastiera dello smartphone.

Nel vantare le sue glorie («Ho fatto questo, ho fatto quello»), Pazzini si è espresso ricorrendo al passato prossimo. Utilizzo inconscio, quanto significativo, visto che il presente non è certo dalla sua: ha reclamato la palma secca di capocannoniere del Verona con l’inezia di quattro gol su rigore, quando il teenager Kean ne ha messi nel sacco lo stesso numero, ma perlomeno su azione. Parcheggiato in Lega al Levante lo scorso gennaio, dopo il debutto col botto della rete al Real ha trascorso il più del tempo ingrugnito ai margini col sedere sulla panca. Schierato titolare appena cinque volte, solo in un’occasione è rimasto in campo per gli interi 90 minuti. Altri gol? Forse la sera sul divano di casa con il joystick della Playstation.

Ma che è successo? In piedi resta il fantasioso teorema di un diabolico complotto perpetrato dall’allenatore levantino Paco Lopez con la complicità dell’agente segreto del Sisde Fabio Pecchia. Ma così non fosse, e non ci pare proprio, qualche domandina varrebbe la pena di porsela. Ora Pazzini (34 anni ad agosto e acciacchi vari che lui però esclude di avere), torna al Verona con altri due anni di contratto a cifre onerose per le casse di Setti (non finiremo mai di dire grazie al signor Bigon, e grazie al dottor Gardini per la geniale operazione) risanate in due anni da Fusco (per informazioni sui rischi che correva la società, si prega di leggere quanto sta succedendo a Bari...).

Consapevoli di rischiare la lapidazione, anche noi, come l’ex ds, siamo convinti che in cadetteria, aggirandosi come un rapace nei sedici metri e supportato da una squadra che si muove in sua funzione, Giampaolo Pazzini possa ancora essere un giocatore in grado di fare la differenza. Se rimarrà, potrà mettere tutta la sua rabbia e la voglia di rivalsa al servizio della causa. Ce lo auguriamo. Altrimenti, ma non sarà facile, bisognerà trovargli un’altra destinazione, affinché la risorsa non continui a rappresentare un problema. In tal caso, ci auguriamo pure questo.

Finita qui? Macché. Passano 24 ore e Luca Toni, che altro non aspettava se non azzannare l’uomo che lo aveva esautorato, rincara la dose arrivando in soccorso del vecchio amico contro l’inviso Fusco. Ricordate? La stagione, più o meno un anno fa, si aprì con l’esplosivo e polemico addio del gigante di Pavullo, che nell’elegante salotto del Gentlemen of Verona scagliò parole pesanti come pietre all’indirizzo del ds, reo di avergli ricordato che alla sua scrivania di Via Francia il buon Luca faceva l’apprendista, e che le decisioni (errori compresi) sarebbero spettate a chi ne aveva titolo. Le aziende hanno gerarchie piramidali; piaccia o no, anche quelle del pallone.

Toni ha fatto intendere, cha partito Belzebù, a Verona tornerebbe volentieri nelle vesti di dirigente. Tony D’Amico lo abbiamo avvisato da tempo: attento caro il nostro, che cammini già sui carboni ardenti. Insomma ci risiamo: della serie, le storie finiscono dove sono iniziate, o meglio, se son brutte non finiscono proprio mai. Di male in peggio. Speravamo di aver già assistito ad abbastanza orrori quest’anno e di risparmiarcelo un simile siparietto. Goldoni non se ne abbia, ma Le Baruffe Chiozzotte non ci sono mai piaciute, nemmeno a teatro. E invece, eccoci qua con un posto in platea che non avevamo chiesto...

Sezione: Editoriale / Data: Mer 06 giugno 2018 alle 19:08
Autore: Lorenzo Fabiano
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