A pensarci bene, la sconfitta con la Roma era già  stata scritta sabato sera all’Estadio Ciutat de Valencia quando ad un giro di lancetta dal temine Pazzini, alla prima uscita con la nuova casacca, aveva infilzato allo spiedo l’incerto Keylor Navas e la distratta difesa Merengue, consentendo al piccolo Levante di acciuffare il pari contro il galattico quanto supponente Real Madrid. L’ultimo gol su azione,  il “Pazzo” (mio dio che brutto soprannome) lo aveva messo a segno il 21 aprile dello scorso anno a Bari in serie B. Da lì in poi erano stati solo solo centri dal dischetto, compresi i quattro di quest’anno, stagione tribolatissima che lo ha visto  frequentare più la panchina che l’area di rigore avversaria.  Insomma, una bella rivincita,  una soddisfazione grande così per un giocatore  intristito nel grigiore, e imballato al reparto di scarico in attesa di consegna perché ritenuto non più funzionale alle esigenze del Verona.

Personalmente non siamo mai stati in prima fila nella folta schiera dei suoi estimatori, nemmeno lo scorso anno in cadetteria quando i gol li faceva a grappoli (Toni, se permettete, era un’altra cosa); siamo tuttavia prima di tutto uomini di sport, e per questo  doverosamente ci alziamo e applaudiamo. Altro è però ciò che ci preme. Al Verona non ne va dritta una, quasi piovesse sul bagnato. La fabula evidenzia infatti tragicomici intrecci, figli di un destino già scritto: Pazzini, dato ormai prossimo ad un soggiorno dorato al Pio Albergo Trivulzio tra un weekend e l'altro a Montecatini Terme, rialza il capo come l’unto dal Signore e firma un  gol storico in Liga. Poco più di una dozzina di ore dopo il Verona,  orfano della fresca effervescenza di Moises Kean, autore quest’ultimo di una doppietta e una sfavillante prestazione una settimana prima a Firenze, dà sfoggio di sterilità mettendo a nudo tutti i limiti del proprio attacco spuntato. Sebbene in superiorità numerica per gli ultimi 35 minuti,  i gialloblù non trovano il modo d’impensierire una sola volta Allison protetto dai ba/bestioni Manolas e Fazio.  

Petkovic è legnoso; Matos fa tutto bene purché lontano dalla porta; lo spaesato Aarons fa tenerezza: sembra uscito da un romanzo di Charles Dickens. Troppo presto per lui (e per noi) capirci qualcosa. Lee lo vedremmo bene sui piccoli schermi nipponici in compagnia di Holly e Benji. Cerci è in riparazione alle cristallerie di Boemia. La verità è che in una gara come quella di domenica, Kean ci avrebbe fatto molto comodo là in mezzo alla landa desolata. Lo stesso dicasi ovviamente per Pazzini.  Se c’era una partita dove sarebbe potuto tornare utile, era proprio il secondo tempo con la Roma. Superfluo aggiungere come e quanto le facili ironie col senno di poi si siano sprecate sul tema. Inevitabili impresone dei leoni da tastiera. Magari da qui alla fine della Liga, Pazzini segnerà col contagocce; magari sarà invece prolifico cecchino. Chissà, vai un po’ a indovinare…Resta il fatto che quel suo gol al Real Madrid, abbia finito per pesare più sul Verona che sui Blancos, secondo la legge del più ingombrante tra i contrappassi.

Caro Giampaolo (preferiamo il suo nome al nomignolo, non ci chieda perché), ma Lei che dice di volere tanto bene al Verona, non poteva mica aspettare ancora un po’ a ritrovare confidenza con il gol…? Ma proprio sabato sera, doveva cacciarla dentro...? Una settimana dopo, Le avrebbe cambiato qualcosa…? Scherziamo ovviamente. Capisce vero, che non sappiamo più a che santo votarci…? Sì, lo sappiamo, rimangono le promesse elettorali, dirà Lei. Guardi che nemmeno lì, tra le tante, finora ne abbiamo trovata una che c’illumini verso il miracolo della salvezza del nostro Verona. Eppure quella è gente abituata a spararle grosse. Da qui al 4 marzo manca tuttavia ancora poco meno di un mesetto. Chissà che qualcuno non ci pensi…intanto però, qui continua a piovere sul bagnato.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 06 febbraio 2018 alle 17:14
Autore: Lorenzo Fabiano
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