Troppo bello per essere vero. Le due vittorie consecutive ottenute tra le mura amiche rispettivamente contro Torino e Chievo, grazie alle quali i gialloblù sembravano aver trovato posto sul treno salvezza - evento considerato assai poco probabile sino a qualche settimana fa - avevano alimentato la sensazione che il vento fosse cambiato. Poco o nulla di tutto questo. Contro la squadra di Gasperini, il Verona è ripiombato nella sua preoccupante mediocrità. Cinque reti che hanno riportato il pensiero sino al girone di andata, quando fu allora la Fiorentina di Stefano Pioli ad infliggere all’Hellas un’altra pesante “manita”. Il match di domenica ha mostrato ancora una volta una squadra "svuotata" mentalmente, incapace di abbozzare la minima reazione, sovrastata sotto ogni punto di vista tattico, tecnico, fisico e di organizzazione di gioco. Una pesante sconfitta che ha riportato alla luce vecchie ansie e antichi timori. 

La domanda a questo punto nasce quasi spontanea : “Esistono veramente cinque reti di scarto tra le due squadre?” O meglio: “ Ma il vero Verona è quello visto in crescendo nelle due ultime partite oppure è quello al quale eravamo abituati già da settembre, salvo rare quanto sporadiche eccezioni?”. A voler essere obiettivi - e questa è la cosa che maggiormente preoccupa - probabilmente la seconda. Certo che se fosse veramente così c’è veramente poco da rimanere allegri. Nella consueta conferenza stampa post match un disorientato Fabio Pecchia ha cercato di trovare qualche plausibile chiave di lettura ma l’esito finale è stato tutt’altro che rassicurante. Il tecnico gialloblù, nel tentativo di archiviare velocemente la pesante sconfitta, ha cercato di spostare l’attenzione sui prossimi decisivi impegni e sulla speranza - diventata oramai una necessità imprescindibile - di riuscire a recuperare elementi quali Moise Kean e Alessio Cerci. I due attaccanti, entrambi alle prese con infortuni muscolari, sembrano essere improvvisamente diventati la panacea di tutti i mali. Difficile da credere ma sperare a questo punto non costa proprio nulla. La sosta per gli impegni della nazionale, in ogni caso,  potrebbe dare una mano in vista dei successivi due mesi che il mister gialloblù non ha esitato a definire “di fuoco”. 

Attenzione, tuttavia, ad individuare nel tecnico il capro espiatorio di questa situazione. Il buon Fabio ci mette indubbiamente del suo, questo è fuori discussione, ma ricordiamoci bene che nessuno è mai riuscito a fare le nozze con i fichi secchi. Le sue scelte tecniche e la  sua lettura delle partite poche volte hanno incontrato l’approvazione unanime di tifosi e addetti ai lavori ma non bisogna dimenticare il capitale umano, decisamente di scarsa levatura, di cui dispone. Un organico costruito male a settembre e integrato ancora peggio a gennaio sul quale pesano i mai sopiti dubbi legati agli addii in momenti diversi dei vari Cassano, Pazzini, Zuculini e Bessa. Una situazione decisamente poco chiara e trasparente per la quale direttore sportivo e presidente saranno prima o poi chiamati a rendere conto. 

Il lato quasi paradossale di tutto questo – se vogliamo – è che nonostante tutto si può ancora rimanere fiduciosi. I numeri dicono che in fondo la zona salvezza dista solamente tre punti. La squadra di Pecchia avrà dalla sua il vantaggio non indifferente di poter disputare al Bentegodi gli scontri diretti contro Sassuolo, Spal e Cagliari, ai quali si aggiungono il recupero della trasferta di Benevento - virtualmente già retrocesso - e il match con l’Udinese, che alla penultima giornata potrebbe aver già esaurito ogni motivazione. Altre squadre concorrenti come Crotone e Spal, ad esempio, dovranno confrontarsi con un calendario decisamente più complicato e meno agevole. 

La salvezza passerà quindi quasi tutta dal Bentegodi con gli uomini di Fabio Pecchia padroni del proprio destino. La chiave di volta probabilmente è tutta qui, il resto, almeno per ora, conta poco o nulla.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 20 marzo 2018 alle 16:00
Autore: Enrico Brigi / Twitter: @enrico_brigi
vedi letture
Print