Finisce con i giocatori del Verona che, immobili davanti alla curva, vanno a prendersi i fischi dei tifosi esasperati. Rito penitenziale di Pasquetta mentre capisci che la corsa ai playoff è diventata molto complicata. Dolorosa questa sconfitta col Benevento, conferma i limiti della squadra e anche dell’allenatore, in tribuna perché squalificato e sempre più a rischio, mentre il presidente Setti impone il silenzio stampa e porta tutti in ritiro punitivo. I numeri dicono che l’Hellas è in stato confusionale: ha fatto tre punti in cinque giornate e perso le ultime due (non accadeva tra fine settembre e inizio ottobre), è caduto in casa dopo undici risultati positivi.

ORGANIZZATO E CREATIVO Complimenti comunque al Benevento di Cristian Bucchi: una felice sintesi di organizzazione e creatività. I gol di Coda, ma non solo. Le precise geometrie di Viola, le illuminanti idee di Ricci, la forza fisica di Armenteros, spalla muscolare dell’indiscusso uomo-gol, la solidità della difesa con un Maggio quasi perfetto.Una supremazia che non è mai stata in discussione, favorita anche dagli imperdonabili errori del Verona. Per esempio: il giovane Danzi non ha saputo fermare lo scatenato Ricci. Troppo leggero, troppo inesperto. Il dubbio a questo punto nasce spontaneo: perché Grosso non ha messo Marrone sul trequartista e lasciato la collaudata coppia Empereur-Dawidovicz? Ancora: con il regista mandato a fare il marcatore e quindi per forza di cose frenato nei compiti, Viola si è trovato un’inattesa liberta di movimento visto che né Zaccagni né Faraoni si accentravano per contrastarlo. Risultato: il Benevento ha comandato quasi sempre, ha rischiato poco grazie a una linea difensiva impeccabile, sbagliato un paio di occasioni (Ricci, proprio tu…) e colpito nei momenti più sanguinosi della gara. E cioè alla fine del primo tempo: casuale assist di Armenteros per Coda con Marrone che dorme. All’inizio della ripresa: secondo assist di Armenteros, stavolta voluto, che si porta via i due centrali e spizzica di testa per Coda lasciato libero (ma in posizione di fuorigioco). E alla fine di una partita strachiusa, su rigore causato da uno sciagurato Dawidovicz.

LE MOSSE Carretta, il povero vice di Grosso, ha provato qualche mossa per limitare il disastro: ha cambiato i due esterni del tridente, poi spostato in avanti Faraoni. Tutto inutile. Il Verona ha spinto e creato qualcosa, è vero, ma quando ormai le speranze diribaltare il risultato erano ridotte al minimo e lo spaesato Pazzini lottava contro se stesso. Bucchi, per sua fortuna, ha potuto limitarsi ai dettagli: ha sostituito le due mezz’ali, vittime di crampi e botte varie, e messo Letizia, un terzino vero, per Improta che soffriva troppo i cambi di gioco e i dribbling di Matos. Per il resto, il Benevento viaggiava con la serenità dei forti. E Coda, che all’andata aveva stupito facendo il fenomeno con un cucchiaio e sbagliando il rigore del pareggio, ha accettato il gentile omaggio di Viola, che era già sul dischetto e gli ha ceduto l’onere del tiro e l’onore di fare una tripletta: stavolta il capocannoniere di Bucchi non ha badato al sodo per spiazzare Silvestri e portarsi a casa il pallone.

Sezione: Rassegna / Data: Mar 23 aprile 2019 alle 10:20 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Stefano Bentivogli / Twitter: @sbentivogli10
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