Nuovo mese, nuovo allenatore.
Arriva dicembre, e arriva l’esonero di uno degli allenatori più importanti della storia dell’Hellas Verona: dopo cinque anni, Andrea Mandorlini viene esonerato. Sulle sue spalle pesano sei miseri punti raccolti in 14 giornate, e neanche una partita vinta. Forse il suo ciclo era finito, forse no. Certo è che il cambio in panchina è sempre la scelta più “semplice” da fare, quando le cose non funzionano.
Mandorlini non è sicuramente esente da colpe: in campo si vedevano poche idee e poco gioco, negli ultimi due anni l’idea principale era quella di “buttar su” la palla verso Toni, sperando che l’ormai 38enne centrasse la rete. Idea che ha funzionato bene il primo anno di A, quando in squadra c’erano un paio di giocatori scattanti e con una buona visione di gioco come Iturbe e Romulo; idea che ha cominciato a vacillare quando non si sono trovati sostituti adatti dalle caratteristiche equivalenti. Toni è ancora lì davanti, si sbatte, fa a sportellate e ci mette l’anima, ma spesso e volentieri, a causa della lentezza e della macchinosità dei compagni, viene lasciato solo.
A questo riguardo, però, è giusto fare una piccola riflessione: se da Iturbe si passa ad avere Pazzini (un buon giocatore, ma certo non una scheggia e con un po’ di anni in più dell’argentino sulle spalle), Wszolek che l’anno precedente ha collezionato 6 presenze con la Sampdoria e Siligardi, e se per cinque centrocampisti che sono andati via alla fine della scorsa stagione (Obbadi, Tachtsidis, Lazaros, Valoti, Campanharo) ne vengono presi due, Viviani e Matuzalem (quest’ultimo preso da svincolato successivamente alla chiusura del mercato estivo, a 35 anni, per arginare il problema infortunati evidente fin dall’inizio del campionato in corso), si può pensare di avere una squadra attrezzata alla pari del Verona del primo anno di Serie A? Se per otto difensori che han preparato le valigie a fine stagione dell’anno scorso (Agostini, Brivio, Luna, Sorensen, Marques, Gonzalez, Rodriguez e Martic) ne sono stati presi cinque, dopo la dichiarazione dell’obiettivo di rinforzare la difesa per questa stagione, si possono accollare tutte le colpe all’allenatore? Si possono accollare a lui le colpe della catena di infortuni che ha colpito i gialloblù fin dall’inizio della stagione? La risposta è no, evidentemente.
Tuttavia, forse a questo Verona serve una ventata d’aria fresca, un nuovo stimolo, uno scossone che, con l’esonero di Mandorlini, è sicuramente arrivato. La domanda che ci si pone, però, è la seguente: se non addirittura al termine dello scorso campionato, perché non esonerarlo dopo la partita persa contro il Bologna, ad inizio novembre, quando c’erano due settimane per il nuovo allenatore per poter lavorare da zero con la squadra, grazie alla pausa per le Nazionali? Cosa è cambiato da allora? Ci si può chiedere anche perché decidere per l’esonero dopo una partita come quella di domenica contro il Frosinone, dove si è visto che, effettivamente, i rientri degli infortunati fanno la differenza e di grinta in campo specie nel secondo tempo non ne è mancata.
La partita col Frosinone ha fatto vedere cose buone e cose meno buone: una follia inspiegabile di Rafael, il cui rendimento comunque in questa stagione non è all’altezza, per ora, della situazione; lacune difensive che cominciano a diventare sempre più gravi, ma anche un giocatore rientrato dopo un paio di mesi fuori, Viviani, che gioca 90 minuti ad alti ritmi, mostrando doti buone e promettenti, e una grinta dei gialloblù che nel secondo tempo han sfiorato il pareggio dopo esser stati sotto inizialmente di ben tre gol. Non tutto è perduto, ci sono delle cose buone da cui ripartire: resta da vedere chi sarà ad occuparsene, dalla panchina. Nella giornata di oggi, a questo proposito, si dovrebbe sciogliere ogni dubbio.
A prescindere da cosa è stato e cosa sarà, una cosa è certa: Mandorlini ha scritto una parte della storia dell’Hellas Verona, il popolo gialloblù non dimentica e gli sarà sempre grato per tutto quello che ha fatto.
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