Oramai è finita, la retrocessione in serie B è praticamente cosa fatta. Certo, manca il responso finale della matematica, ma si tratta solamente di un dettaglio a questo punto di poco conto. Per salvarsi serviva un miracolo ma per fare i miracoli - che talvolta succedono - bisogna essere “attrezzati”. E in questa stagione il Verona non lo è di certo e, probabilmente, non lo è mai stato. Anzi, non ha nemmeno mai dato almeno una volta l’impressione di poterlo essere.
Domenica contro la Spal di Leonardo Semplici si è consumato il definitivo “de profundis” di questo fallimentare campionato. Una sconfitta che è diventata di fatto la pietra tombale sul campionato di Romulo & compagni. Al termine dell’infausta sconfitta è tornato parlare - “...clamoroso al Cibali...” direbbe qualcuno - il presidente Maurizio Setti il quale, davanti a telecamere e microfoni impazienti di conoscere le sue impressioni, ha cercato di dare un senso a qualcosa che, forse, proprio un senso non ce l’ha. Ci troviamo di fronte - i numeri, che mai smentiscono, ne sono prova lampante - alla peggior retrocessione dell’ultracentenaria storia del club gialloblù. La partita persa contro la Spal, rispecchia per certi versi - concetto espresso più volte anche dallo stesso presidente scaligero - la negatività che ha contraddistinto il nostro campionato. Dopo il meritato vantaggio ottenuto nell’ambito di un primo tempo tutto sommato ben disputato, è arrivato il pareggio avversario frutto dell'ennesimo "incidente" difensivo. Nella seconda frazione di gara, poi, la squadra è letteralmente scomparsa dal campo e “presa a pallate” dagli avversari subendo due gol e rischiando di prenderne altri. Tutto questo senza riuscire più ad imbastire una minima reazione. Oltre alla qualità - che a dire il vero non v’è mai stata - sono venuti a mancare come sempre orgoglio e determinazione, gli unici due ingredienti essenziali sempre invocati a gran voce dal pubblico gialloblù ma quasi mai messi sul piatto dalla “sgangherata” armata di Fabio Pecchia. L’organico a sua disposizione - questo deve essere chiaro - non era certo il massimo ma lui ci ha messo del suo con scelte, spesso poco condivisibili. Scelte tecniche, tattiche e di spogliatoio che troppe volte hanno lasciato a desiderare. La sua responsabilità più grande, però, è quella di non essere mai riuscito a dare un’identità alla squadra in grado di definirsi tale.
Quando questo succede esistono da sempre due “antidoti”: il ricorso al mercato di gennaio e/o l’eventuale cambio della guida tecnica. In riva all’Adige si è ricorso male al primo e ignorato del tutto il secondo, lasciando che prendesse forma un fallimento sportivo senza precedenti. Riguardo al primo si è sempre detto che il budget era quello che era. Il dimissionario Filippo Fusco ha cercato di “fare le nozze con i fichi secchi” ma la cosa evidentemente è riuscita male. Il compito non era semplice ma si poteva fare qualcosina meglio. L’impressione è che tante scelte siano state fatte con poca lungimiranza, basandosi su chissà quali convinzioni tattiche o tecniche. La decisione, poi di rimanere fino alla fine con con Fabio Pecchia - ribadita convintamente anche da Maurizio Setti - ha dato quasi l’impressione di una malcelata volontà di non aver alcuna intenzione di tentare di cambiare il corso degli eventi. Più volte la scelta di cambiare allenatore risulta affrettata e spesso non produce gli effetti desiderati, tuttavia è opinione diffusa che qualcosa bisognava pur fare. Si è rimasti, invece, a guardare ed il risultato è sotto gli occhi di tutti. Qualche malelingua ha tirato in ballo più volte il discorso paracadute - del quale si è detto tutto ed il contrario di tutto - ma crediamo sia meglio limitarsi all'aspetto sportivo, perchè basta e avanza. Un gruzzolo di 25 milioni di euro per chi retrocede rappresenta di questi tempi una vitale iniezione di “denaro fresco” ma è anche vero che rimanere in serie A vale decisamente molto di più.
Mancano ancora tre giornate alla fine del campionato e poi arriverà il momento di raccogliere i tanti cocci rimasti ed iniziare a programmare, sin da subito, il prossimo futuro. Come e con chi - mancano direttore sportivo, allenatore, in più c’è una squadra da rifare quasi da capo a piedi - non è ancora dato a sapersi. Secondo alcune voci di corridoio la società avrebbe già individuato la strategia e le persone al quale affidarla ma al momento non c’è nulla di ufficiale. Il popolo del Bentegodi, da sempre abituato a soffrire, attende fiducioso perchè la sua fede nei colori gialloblù rimane incrollabile, nonostante tutto e tutti. La curva canta “..io credo risorgerò...”. Sarà ancora una volta cosi...
Autore: Enrico Brigi / Twitter: @enrico_brigi
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