Una partita di passaggio verso altre avventure: il Milan cala un comodo poker prima di sedersi al tavolo della Coppa Italia dove troverà la Juve, mentre il Verona retrocede matematicamente in Serie B senza nemmeno provare a ribellarsi a un destino che era ormai segnato. Una vera partita non c’è stata perché entrambe le squadre non vedevano l’ora che finisse, per motivi diversi.
Il Milan, giustamente pungolato da Gattuso a evitare altre figuracce contro una piccola, ha aggredito il match come se si potesse risolverla in modo pugilistico: un gol, un altro, poi il lancio della spugna degli avversari e tutti a casa a riposare in vista della finale di Coppa Italia. Il regolamento, però, non consente certe licenze e allora i rossoneri sono stati bravi ad aspettare prima di tirare il freno e smettere virtualmente di giocare. Peraltro il Verona non ha mai dato l’impressione di voler infastidire gli avversari: arrendevolezza totale e questo è un pessimo segnale perché anche se la salvezza era irraggiungibile quando si scende in campo (e a San Siro!) bisogna mostrare un atteggiamento decisamente più combattivo.
BUONE COMBINAZIONI Al netto della facilità del successo, Gattuso ha comunque visto qualcosa di buono oltre ai tre punti che consentono ai rossoneri di scavalcare momentaneamente l’Atalanta al sesto posto. Sono piaciute, ad esempio, le combinazioni tra Suso e Calhanoglu con il lancio di uno dei due esterni, la sponda volante dell’altro e l’inserimento senza palla di una mezzala o di un terzino. Oppure i dialoghi stretti e rasoterra per portare al cross o al tiro un giocatore che entra senza palla dal lato corto dell’area: sono nati così il primo gol (Bonaventura per Suso che ha crossato rasoterra per Calha) e il terzo (Suso ha premiato l’inserimento di Abate).
Buono anche il costante tentativo di offrire al portatore di palla (prevalentemente Bonucci) sia l’ampiezza sia la profondità. La possibilità di andare al tiro con diversi giocatori sarà un’arma preziosa contro la Juve perché costringerà le mezzali bianconere a un costante lavoro di copertura che inevitabilmente toglierà brillantezza nella fase offensiva.
VERONA NULLO Milan aggressivo e positivo, quindi, ma va detto che in certi momenti sembrava di assistere alle esercitazioni undici contro zero tanto care agli allenatori. Il Verona non faceva nulla, ma proprio nulla, per opporsi. La continuità con la quale il Milan andava al cross o al tiro con tre passaggi dipendeva anche dalla passività degli avversari, soprattutto sulla sinistra gialloblù: Fares, Danzi e Calvano non solo non riuscivano a leggere giocate abbastanza elementari, ma nemmeno inseguivano gli avversari.
Così era inevitabile che la partita fosse chiusa all’intervallo: il raddoppio di Cutrone (bel movimento con Heurtaux semplice spettatore) ha tolto ogni significato alla seconda parte. Il Milan ha messo la Coppa Italia nel mirino e dopo il tris di Abate (prima rete di Ignazio a San Siro) la partita ha trovato un equilibrio perché i rossoneri hanno smesso di correre e Pecchia ha pescato dalla panchina qualcuno che invece aveva voglia di giocare: Franco Zuculini ha dato la sveglia ai compagni inseguendo chiunque, mentre Lee si è perfino tolto lo sfizio di fare un bellissimo gol con un tiro al volo dal limite.
È naturalmente più facile dirlo dopo, ma Pecchia avrebbe dovuto affidarsi a chi è abituato a lottare a prescindere dalla classifica e a chi non vedeva l’ora di mettersi in mostra a San Siro. Prima della partita il presidente Setti aveva parlato di «importanti limiti caratteriali della squadra»: questi limiti sono emersi in modo lampante per l’ennesima volta proprio nel giorno in cui viene certificata la retrocessione in B. Il carattere, invece, non manca al Milan che da quando c’è Gattuso ha riscoperto il gusto di correre. E mercoledì lo farà con un trofeo in palio.
Autore: Anna Vuerich
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