Niente punti, niente gloria. Il Verona scivola sul campo della Lazio, trafitto dai colpi di Ciro Immobile, prima aggredito e poi affondato da una rivale dimostratasi troppo forte - e troppo determinata - per poter regalare briciole di speranza ai gialloblù. Obiettivi opposti, analoghe urgenze, ben differente spessore: di fatto la distanza dichiarata dalla classifica è emersa in pieno, ben al di là dei due gol che hanno scavato il solco sul tabellino. Lazio dunque più tecnica, Lazio più fisica, Lazio ferocemente protesa al risultato pieno. Lazio scottata oltretutto dagli ultimi, deludenti risultati, quindi ancora più motivata a schiacciare sull’acceleratore fin dai primi secondi, con l’idea fissa di portarsi a casa un successo pesantissimo in ottica Champions dopo le recenti disgrazie dell’Inter. Il Verona, ostinatamente disposto sulla difensiva, ha prolungato l’agonia fino all’ora di gioco - o poco meno - alzando di fatto bandiera bianca nel giro di cinque minuti proprio nel momento in cui stava dando la sensazione di aver preso una minima confidenza col match. Alzando appena le linee, limitando per quanto possibile l’estro degli avversari, abbassandone una punta il ritmo infernale, quello sostenuto a lungo nel primo tempo. Una mezza illusione appunto perché è bastata un’illuminazione di Luis Alberto - a lungo imprendibile tra le linee - per solleticare l’appetito di Immobile. Bravo a ripetersi a stretto giro per chiudere la contesa con mezz’ora di anticipo. Non era certo quella dell’Olimpico la gara ideale su cui puntare per aggiornare la classifica, chiaro. L’Hellas ha comunque fornito una versione troppo tenera per coltivare la minima speranza di uscirne vivo. Vittima degli avversari e dei propri limiti strutturali. Per accorgersi che sia serata da brividi, al di là della bassa temperatura, servono appena gli assaggi: Lazio avanti a testa bassa, Nicolas e soci esposti alle incursioni laterali di Marusic e Lukaku, alla pressione costante portata da Milinkovic e Parolo, alle invenzioni di Luis Alberto. Con bomber Immobile in sistematico agguato. Fabio Pecchia, che ha sistemato la mediana a quattro a protezione di tre centrali - Caracciolo, Vukovic e Boldor - lasciando in (teorica) avanscoperta Kean, Matos e Verde, si adopera a correggere ripetutamente l’assetto, alternando le posizioni di Boldor e Vukovic, abbassando poi Fares. Accorgimenti che nella sostanza danno frutti soprattutto perché la Lazio bombarda l’area scaligera perdendosi ripetutamente al momento del dunque. Si gioca a lungo in trenta metri, i biancocelsti sono più dinamici e reattivi, montano le tende dentro la tre quarti nemica. Ma non affondano il colpo. Per converso il Verona rimane a lungo severamente compresso, rimbalza palloni ma è incapace di alzarsi e ripartire con efficacia. Eppure è indenne all’intervallo. Il fragile equilibrio va in frantumi dieci minuti dopo la ripresa delle ostilità: giocata caparbia di Luis Alberto, rasoterra avvelenato di Immobile, Nicolas freddato. Nonché infilato poco dopo, ancora dal centravanti napoletano, dopo un mezzo prodigio compiuto su Lulic. Non serve un indovino per comprendere che il confronto è moribondo, anche se davanti ci sarebbe una vita per costruire rimonte. La Lazio - appagata, più rilassata - rallenta, toglie l’assedio, resta in paziente attesa, con la legittima aspirazione di aprirsi squarci in contropiede. Il Verona, dal canto suo, adesso trova la forza e la possibilità di spostare in avanti il baricentro, mandare un paio di avvertimenti verso Strakosha, affacciarsi con meno timidezza nella metà campo biancazzurra. Chiamateli segnali di vitalità. A metà campo si segnala Calvano, subentrato a Buchel. Kean ha una palla interessante, Calvano spara da fuori. Strakosha non si scuote, in compenso la Nord si esalta su un paio di ripartenze condotte a velocità supersonica dai padroni di casa. Che si divertono senza infierire. Chiuso il ciclo proibitivo - Roma, Samp, Lazio appunto - si ricomincia dal Toro: la classifica resta interessante, la quartultima piazza a distanza rimediabile. Ma per tornare a fare punti servirà un altro Verona. Certo più solido e convinto.
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